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mercoledì 30 giugno 2010
Ca' del Bue. Importanti curiosità
A luglio 2010, in esito al bando di gara, la Commissione istituita da AGSM dovrà scegliere a quale impresa assegnare i lavori di costruzione delle due nuove linee dell’inceneritore di Verona, in località Ca’ del Bue.
Una delle quattro imprese in gara è la Rea Dalmine di Bergamo, il cui Amministratore Delegato, Giuseppe Grossi, è stato arrestato nel novembre scorso dalla GdF per frode fiscale; il Grossi, in qualità di membro del CdA della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, ha costituito la Società “Quo Vadis”, che ha in progetto di costruire a Vago di Lavagno (VR) un grande centro sanitario, il cui presidente è Giampaolo Sardos Albertini, presidente anche di AGSM. Un legittimo dubbio di conflitto di interessi potrebbe profilarsi all’orizzonte !
Questo Giuseppe Grossi, fra l’altro è il trait d’union tra il nuovo inceneritore di Ca’ del Bue e gli inceneritori di Mogliano e Silea, in provincia di Treviso, i cui progetti di costruzione dovevano essere assegnati alla Rea Dalmine, ma che grazie alla decisa presa di posizione della locale Lega Nord sono stati accantonati. Lega Nord che a Treviso, quindi, così come a Trento e a Parma si oppone decisamente ai nuovi inceneritori, ma che a Verona in maniera schizofrenica si schiera compatta a favore dell’inceneritore. Forse per la Lega Nord i cittadini veronesi sono considerati di serie B ?
L’attuale Sindaco di Verona, Flavio Tosi, nel 2006 quando era Assessore Regionale alla Sanità, commissionò uno studio sull’esposizione ambientale delle diossine emesse dagli inceneritori nella Regione Veneto: l’indagine conoscitiva concludeva suggerendo che lo smaltimento dei rifiuti doveva seguire percorsi alternativi a quello dell’incenerimento dal momento che questo processo si rendeva responsabile della dispersione in atmosfera di cancerogeni in grado di agire per bioaccumulazione, aumentando in tal modo i casi di sarcomi fra la popolazione residente entro un raggio di diversi chilometri dagli impianti. E’ il caso di ricordare il caso balzato all’onore delle cronache l’anno scorso, quando sette aziende agricole di Brescia, ubicate nei pressi del megainceneritore dovettero distruggere il latte prodotto perché contaminato da valori intollerabili di diossina.
I fautori dell’inceneritore giustificano questo progetto con il fatto che l’impianto rientra nel Piano regionale dei Rifiuti approvato dal Consiglio Regionale il 22 novembre 2004. In sei anni, tuttavia, sono stati fatti enormi progressi in questo campo, tanto che oggi si parla a ragion veduta di valide alternative. Senza citare la Strategia di Rifiuti Zero, che si sta attuando con successo in California, ed anche in qualche parte d’Italia, a Capannori (LU) per esempio, basti menzionare l’esperienza del Centro Riciclo di Vedelago (TV), dove attraverso il trattamento meccanico biologico (TMB) a freddo dei rifiuti si arriva a una percentuale finale residua di inerti di un 2/3 %.
Tuttavia, nonostante queste esperienze ormai consolidate, il Piano Provinciale dei Rifiuti Solidi Urbani della Provincia di Verona, approvato qualche mese fa, nella Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e nella Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA), che accompagnano il Piano, pur ponendo come obiettivo la ricerca di alternative all’incenerimento, nelle azioni conseguenti dimentica di fatto di indicare come realizzare questo obiettivo, inducendo a pensare che a chiusura del ciclo dei rifiuti non ci siano alternative all’incenerimento.
Dovesse entrare in funzione l’inceneritore, non si farebbe altro che peggiorare la situazione della qualità dell’aria di Verona, già oggi gravemente compromessa come la commissione europea all’ambiente ha ben messo in evidenza non più tardi di un mese fa, negando al comune di Verona la proroga al giugno del 2011, e ingiungendo all’amministrazione di prendere urgenti provvedimenti entro sessanta giorni per evitare i superamenti dei valori limite per le particelle PM10.
Date queste premesse, a causa del “mutamento delle situazioni di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, ai sensi della Legge 241/1990, si chiede di esercitare il potere di autotutela, sospendendo immediatamente le procedure di assegnazione del Bando.
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