Dispiacerebbe, e non poco, angustiare Berto Barbarani e
Angelo Dall’Oca Bianca per chiedergli com’è adesso la loro bella Verona.
Sarebbe certamente una crudeltà, così non lo facciamo.
Tuttavia, anche se la guerra è finita da un pezzo, non
possiamo fare a meno di notare, ancora
una volta, che , in molti punti della nostra Città, sembra di essere tornati al
‘45, con tanto di macerie da rimuovere e strade e marciapiedi da ricostruire
dopo i bombardamenti. O ai tempi delle grandi alluvioni del passato, con le
strade piene d’acqua che non riesce a defluire. Qualcosa si muove, però: cartelli qua e la segnalano
cantieri per la costruzione di parcheggi,
come se la Città fosse popolata solo da automobili, come se fossero solo loro ad
eleggere e tenere in piedi l’amministrazione comunale, come se fossero
solo loro ad aver bisogno di asili e di punti di ritrovo. Non è cosi: loro,
semmai, hanno solo bisogno di gommisti e meccanici per rimetterle a posto dopo
un po’ di chilometri per le vie cittadine.
Si sente parlare,
forse solo a Verona, di strane “filovie a gasolio”, creature mastodontiche e misteriose
che facciamo fatica ad immaginare aggirarsi per le vie della Città (lo bevono
dai fili elettrici, il gasolio?), e dell’assoluta necessità di un traforo che,
ogni giorno che passa, assomiglia sempre più ad un gigantesco, inutile, dannoso
e costoso buco nell’acqua. Acqua come quella caduta in questi giorni, che
è riuscita ad intasare i tombini che nessuno ha provveduto a controllare prima
dell’arrivo di una perturbazione relativamente modesta e comunque annunciata
con largo anticipo. Acqua come quella che verrà, e che riempirà, il traforo una
volta costruito.
Maria
Luisa Castagnini Biondani
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