I nostri banchetti nei mercati

Stadio:
Sabato 1, 8, 15, 22, 29 ottobre dalle 9.30 alle 12.30
Saval:
Venerdì 14 e 21 dalle 10.00 alle 12.00

sabato 13 settembre 2008

Cronaca di una festa (Elisa Cavazza)

Delusi?
Amareggiati?
Io neanche un po'.
Penso che per quanto ci compete, per quanto era nelle nostre
possibilità, abbiamo fatto davvero un ottimo lavoro.
Una festa bella. Nei contenuti, nell'allestimento, nell'atmosfera, nel
pubblico, nella ristorazione.
Nel giovedì più partecipato di quanto ci saremmo mai potuti aspettare.
Nella soddisfazione sulle facce di chi è stato al Castello di Montorio
la prima sera di festa.
E poi c'è stato lui: l'impossibile da prevedere. L'ineluttabile.
L'insovrastabile gigante. L'uragano.
Guardare il cielo annerirsi in un lampo. Guardarsi negli occhi e
vedere preoccupazione per la festa. Poi panico. Poi il terrore.
Correre. Fare quel che si può per salvare qualcosa.
In un lampo non vedere più niente. Solo un muro d'acqua. E una tromba
d'aria che arriva dal lato opposto al castello.
Non sapere dove sono gli altri ragazzi, là fuori, chissà dove.
Con un vento e grandine e acqua che spostano come una foglia il
quintale abbondante del Bene.
Temere per la propria vita, e quella altrui.
Chiudere gli occhi mentre si stringe forte il tirante del tendone
della cucina. Un tendone di 8 metri, cementato a terra, che sta per
volare via. E in quegli istanti lunghissimi pensare "forse adesso
crolla tutto. con noi sotto. E non posso farci niente. vi saluto."
Guardare fuori, tutto che crolla. Che rotola. Che vola.
Una mezz'ora in cui il cielo crolla sulla terra.
"Ti prego. Fallo smettere. Ti prego. Fallo smettere." Ripetuto fra te
e te all'infinito.

Chi urla. Chi si nasconde nella casetta di legno, quella sigillata,
che non si poteva usare. Ma dato che il vento ha fatto esplodere una
parete può diventare un rifugio, no?
Chi sfida l'inferno sopra il palco. E si aggrappa alle strutture per
non far crollare i fari. (Frappo)
I 15 gazebi sembrano dei palloni, rotolano, rimbalzano, con salti alti
molti metri.
Fissiamo finalmente la cucina. Zeno esce nella tempesta, va a cercare
quelli che sono rimasti fuori.
Non si sa dove sono. Possiamo solo aspettare.

Alla fine smette.
E lascia un campo di macerie.
Chi ci raggiunge entra nell'area della festa e sbianca.
Arrivano i giornalisti.
E scopriamo che ci sono stati danni in tutta la città. All'arsenale
sono crollati degli alberi sopra le macchine. E i racconti di chi
arriva si assomigliano.

Ci guardiamo intorno, tutti ammaccati e fradici. Perchè il vento ti
buttava a terra. Ed entrava ovunque con una grandine sottile e
orizzontale.
L'albero vicino ai bagni è spezzato a metà.
I gazebi formano un ammasso sparpagliato di tronconi di ferro e tela.
Gli impianti al palco sono un cumulo nero e informe.

Raccogliamo i cocci, piano piano.
Il morale a terra. Festa finita.
Annulliamo i gruppi, i dibattiti. Beh, anche volendo...gli ospiti che
ci dovevano raggiungere non hanno potuto prendere l'aereo. Non si
atterra su Verona.

Man mano arriva tanta gente ad aiutare. Giovani, vecchi, amici,
segretari...E spunta il sole.
Qualcuno si fa forza. Dai, teniamo aperto lo stesso. Non si può
mollare così. Facciamo da mangiare per chi viene. Recuperiamo qualche
soldino, limitiamo le perdite.
Una serata tutta improvvisata. Con le strutture decimate. Ma c'è tanta
solidarietà. Tanti vengono a cena, per noi, per il partito. Grazie.

Poi oggi si smonta tutto. 7, 8, 10 ore sotto l'acqua battente.
Quell'acqua che ha allagato tutte le tangenziali di Verona.
Non importa quanti strati di vestiti, di giacche hai addosso. Sei
bagnato fradicio, fin nelle ossa.
Spostiamo pesi, tavoli, merce, contiamo i danni.
Ogni tanto beviamo un caffè, anche chi è allergico (Eli!), ma è
l'unica cosa calda che c'è!

Ragazzi...nell'impotenza che fare?
Ci si mette ogni briciolo di forza fisica. Ogni pezzetto di energia
mentale. Tutto il senso di responsabilità. Per tenere duro.
E poi ogni tanto ci si mette a cantare. Ci si abbraccia. Pacche sulle
spalle. Battute. Ridiamoci su.
Siamo una squadra. Forza che c'è tanto da fare!

É già troppo lungo questo racconto. E non ho detto nemmeno un quarto
di tutto quello che abbiamo vissuto in questi due giorni.
Forse l'esperienza più dura, più faticosa e più paurosa della mia vita.
Ma anche una delle esperienze più belle e indimenticabili.

Grazie ragazzi, grazie Carlo, Marco e tutti coloro che ci sono stati.
Grazie a chi ha lavorato senza sosta, per una causa più grande. A chi
ci è venuto a trovare, e ci regalava 10 euro per un caffè. A chi ha
dato una mano. A chi ci ha sponsorizzato. A chi ha organizzato i
rinforzi. Grazie a tutti.
Sono davvero orgogliosa di tutto quello che abbiamo fatto.
Non me ne pento. Perchè nonostante le macerie, noi, oggi, siamo un po'
più forti di ieri.

1 commento:

Anonimo ha detto...

l'anno prossimo sarete più pronti e tutto andrà bene
giovanna