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venerdì 8 gennaio 2010

Inceneritore Ca' del Bue: diffida e preavviso di azione legale

Lo scrivente Daniele N., in qualità di portavoce del “Coordinamento per il riciclo dei rifiuti contro l'inceneritore di Verona” -costituito dai seguenti comitati e associazioni, Comitato Fuori dal Comune, Comitato insieme per Borgoroma-Beghelli, Comitato Per Ca’ Didavid, Comitato Zevio, Comitato Buttapietra, Associazione Collamente, Associazione Cittadini per la Tutela del Territorio, Associazione Verona Reattiva, Associazione Forum dei Veneti, -portatore di interessi individuali, collettivi e diffusi, nonché di diritti soggettivi anche costituzionalmente protetti con particolare riguardo al diritto fondamentale alla salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione anche nell’interesse della collettività, PREMESSO CHE
il Piano Provinciale di Smaltimento Rifiuti della Provincia di Verona allo stato attuale prevede che venga realizzato un unico impianto di incenerimento dei rifiuti a servizio di tutta la Provincia di Verona e altre provincie per un quantitativo minimo di 500T giornaliere da trattare; la V.A.S. in via di approvazione non entra in merito al possibile impatto negativo, né sull’ambiente né sulla salute umana, e illustra un percorso che inevitabilmente termina con la scelta dell’incenerimento come unica soluzione per chiudere il ciclo della gestione dei rifiuti senza valutare possibili alternative oggi possibili e meno onerose.
Dopo la pubblicazione del bando di gara si sta per individuare il contraente cui affidare l'elaborazione del progetto dell'impianto, il relativo studio di impatto ambientale e la successiva costruzione e gestione dell'impianto.
Appare nella sostanza non conforme alla normativa vigente -come di seguito evidenziato – tutto il processo decisionale che ha portato ad individuare un impianto di incenerimento quale soluzione tecnologica unica indispensabile per la chiusura del ciclo dei rifiuti in Provincia di Verona; tale processo decisionale -proprio per non aver tenuto conto delle indicazioni delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prevenzione e precauzione -presenta non solo vizi di legittimità che saranno fatti valere nelle sedi opportune ma anche e soprattutto (per quanto attiene al contenuto della presente diffida) vizi sostanziali relativi alla mancata acquisizione e valutazione di tutte le conoscenze disponibili sia in materia di assetti tendenziali della gestione dei rifiuti in Veneto sia in materia di danni potenziali alla salute umana e all'ambiente derivanti dall'esercizio di un impianto di incenerimento di rifiuti con le caratteristiche di quello programmato;
di conseguenza i destinatari in indirizzo potrebbero risultare responsabili di reati e di danni non solo civili di diversi tipi e natura la cui rilevanza sarà fatta in ipotesi valutare dalle autorità competenti, con l'eventuale conseguenza di richieste personali di risarcimenti adeguati;


-A. CONSIDERATO -PER QUANTO ATTIENE ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA – CHE
le decisioni delle amministrazioni in indirizzo sembrano aver gravemente trascurato elementi di nota, riconosciuta e rilevante importanza scientifica a proposito dei danni alla salute umana derivanti dagli inceneritori di rifiuti, disapplicando sistematicamente i basilari principi di prevenzione e precauzione a prescindere dall'eventuale osservanza dei limiti legali delle emissioni; tali principi imporrebbero di considerare non soltanto gli effetti degli inquinanti notoriamente dannosi, anche se non integrati nei limiti di legge previsti per le emissioni, ma anche gli effetti di tutti gli inquinanti quanto al rispettivo accumulo nel tempo nell'organismo umano; molte sono quindi le evidenze che imporrebbero un'immediata sospensione delle procedure amministrative in corso per la costruzione dell'inceneritore di Verona allo scopo di riconsiderarne la dannosità per la salute umana in termini di rischi oncogeni, mutageni e di patologie diverse anche molto gravi, alla luce dei dati scientifici più attuali (ad esempio quelli di seguito citati nelle pagine 6 e seguenti). Gli inceneritori non distruggono i rifiuti ma li trasformano soltanto (si tratta di una semplice applicazione del principio di conservazione della materia);
i residui della combustione che escono dagli inceneritori sono costituiti da fumi, polveri, ceneri e acque di scarto pericolosi o altamente tossici; tanto è vero che, ad esempio, le ceneri pesanti per motivi sanitari devono essere destinate in discariche speciali molto più costose di quelle normalmente utilizzate per i rifiuti comuni;
durante la combustione dei rifiuti negli inceneritori, non solo si liberano metalli tossici ma si formano anche nuove sostanze cancerogene, come diossine e furani, le quali come noto non sono filtrabili neanche dai più sofisticati sistemi di abbattimento;
diossine, metalli pesanti e altri inquinanti organici persistenti finiscono nei suoli, poi nei vegetali e da questi negli animali accumulandosi nei lipidi fino a raggiungere le concentrazioni più elevate negli organismi al vertice della catena alimentare, cioè nella specie umana (in cui danneggiano specialmente le nuove generazioni);
in particolare è noto che gli inquinanti possono depositarsi sulle produzioni agricole, impedendo l’ attribuzione dei marchi di qualità come previsto dall’art. 21, Dlgs 228, 18 maggio 2001 che tutela: “la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT); le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica; le zone aventi specifico interesse agrituristico”;
un peso rilevante nell’inquinamento dei prodotti agricoli e delle coltivazioni intorno a un inceneritore è svolto da diossine, furani, I.P.A. e metalli pesanti che possono essere assorbiti dai vegetali e trasferiti, attraverso la catena alimentare, agli animali e all’uomo. Inoltre ossidi d’azoto, ossidi di zolfo, cloro, acido solfidrico possono reagire con pioggia e nebbia, dando origine a ricadute acide o comunque tossiche, pericolose per le coltivazioni agricole e in generale per l’ambiente. Anche le condizioni climatiche possono essere modificate a causa dell’incremento di CO2, dei fumi e del calore prodotti;
è dunque evidente che i campi attorno a un inceneritore vengono gravemente danneggiati sia dal punto di vista ambientale, che sanitario ed economico. D’altra parte è ben difficile fare sforzi per avere un’agricoltura di qualità legata al territorio se il territorio è sottoposto a nuove fonti di inquinamento, tra l’altro ben visibili da parte dei potenziali consumatori. Le emissioni dell’inceneritore non solo comprometterebbero la loro salubrità ma anche -aspetto per nulla irrilevante – determinare un peggioramento nei prodotti agricoli delle loro qualità organolettiche e quindi un grave danno alle loro possibilità e capacità di mercato (basti pensare ai danni subiti dalle aziende alimentari campane quando vennero ritirate dal mercato le mozzarelle di bufala alla “diossina”);
quanto alle polveri, più alte sono le temperature dei processi di combustione (è il caso degli inceneritori più moderni) minori sono le dimensioni delle polveri prodotte; e più piccole sono le polveri, maggiori sono le probabilità che queste sfuggano ai filtri, si liberino nell’atmosfera e penetrino in profondità negli organismi viventi e, in particolare, nei corpi umani dove – stando alle acquisizioni delle ricerche più recenti -le nanopolveri giungono al sangue, ai tessuti, agli organi e alle cellule (in cui penetrano fino al nucleo) provocando diverse gravi patologie tra cui mutazioni, tumori, processi degenerativi e stati infiammatori permanenti;
gli inceneritori producono un’elevata quantità di ceneri, pari a circa il 30% del peso dei rifiuti ed emettono sistematicamente in atmosfera milioni di metri cubi di fumi, polveri grossolane (PM10) e polveri fini (PM 2.5 e PM 1, cioè con diametri inferiori, rispettivamente, a 2.5 ed 1 micron), costituite queste ultime da nanoparticelle di sostanze chimiche (metalli pesanti, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine e furani, ecc.);
sull’argomento delle polveri sottili, il 1° febbraio 2007, il New England Journal of Medicine, una delle riviste più prestigiose in campo medico, ha pubblicato i risultati di una ricerca svolta su
65.893 donne americane (in post-menopausa, senza precedenti di tipo cardiovascolare), abitanti in varie città, esposte alle particelle PM 2,5 (neppure del tipo più pericoloso), dalla quale emerge che esiste una correlazione direttamente proporzionale e statisticamente significativa tra i livelli di particelle fini inquinanti (PM 2,5) e le morti o le complicanze per malattie cardiovascolari (infarti) e cerebrovascolari (ictus); questa correlazione sembra dipendere dalla zona in cui queste donne hanno vissuto (più o meno esposta all’inquinamento ambientale);
ogni aumento di 10 μg per metro cubo nell’aria respirata è associato ad un aumento del 24% del rischio di malattie cardiovascolari e del 76% del rischio per infarto e ictus;
tra le sostanze più pericolose emesse dagli inceneritori si annoverano arsenico, berillio, cadmio, cromo, nickel, mercurio, i quali sono classificati dalla IARC (International Agency Research of Cancer) a livello I come rischio oncogeno documentato;
fra le altre sostanze emesse dagli inceneritori si riscontrano il benzene, con pari livello di evidenza per l’insorgenza di leucemia, e il tricloroetilene, con livello di evidenza inferiore, correlato con linfomi non Hodgkin ed epatocarcinoma;
gli inceneritori rappresentano notoriamente una delle fonti più importanti di inquinamento da diossina; è stato dimostrato che la diossina è un cancerogeno toti-potente perché capace di colpire le cellule di tutti gli organi del corpo umano, anche in presenza di bassissime concentrazioni di miliardesimi di milligrammi, in quanto si accumula facilmente anche nella catena alimentare (cfr. ad esempio gli studi sull’anomala incidenza di sarcomi dei tessuti molli dei residenti in prossimità dell’inceneritore di Mantova);
il caso è significativo dal momento che il sarcoma è una forma rara che, quando è in gioco la diossina, si comporta come la punta di un iceberg perché nasconde l’aumento anche di molti altri tipi di tumore;
paesi come il Belgio, la Danimarca, la Francia, la Germania e l’Olanda (dove negli anni ‘80 e ‘90 l'incenerimento dei rifiuti veniva indicato come la soluzione più avanzata), dopo aver constatato che nelle aree interessate dalle emissioni degli impianti di incenerimento esistenti si registrano gravissimi problemi ambientali, testimoniati ad esempio dalla presenza di diossina nel latte prodotto nelle aree, stanno cambiando politica; analoghi orientamenti sono in discussione in Svezia, Olanda e Gran Bretagna, cioè in quei paesi che per primi hanno visto le conseguenze di questa metodologia di smaltimento dei rifiuti;
alcuni dei dati precedenti trovano riscontro nello studio presentato nel 2004 dall’Istituto Superiore di Sanità (Effetti sulla salute di esposizioni a inceneritori di rifiuti: rassegna di studi epidemiologici) dove si legge che i principali problemi per la salute associati all’esposizione a microinquinanti sono malattie respiratorie, tumori (polmone, laringe, linfoma non-Hodgkin) oltre ad eccessi di malformazioni congenite; e che, inoltre, esposizioni a PCB e metalli pesanti sono state associate ad alcune patologie, tra cui, soprattutto, la riduzione degli ormoni tiroidei;
uno studio effettuato nel 2007 in provincia di Venezia dal Registro Tumori dell’Istituto Oncologico Veneto è una delle più convincenti dimostrazioni esistenti in letteratura di un aumento di rischio di cancro associato alla residenza vicino a inceneritori; esso evidenzia come tale rischio aumenti di 3,3 volte fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione (studio commissionato quando Assessore “alla sanità” era l’odierno sindaco di Verona Flavio Tosi);
sempre nel 2007 lo studio Enhance Health Report, finanziato dalla Comunità Europea e condotto per l’Italia nel comune di Forlì, dove operano due inceneritori, ha portato ad evidenze significative rispetto al sesso femminile; in particolare si è registrato un aumento della mortalità tra il +17% e il +54% per tutti i tipi di tumori, proporzionale all’aumento dell’esposizione. Questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi (358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le non esposte) osservati solo nel periodo 1990/2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata;
nel 2008 uno studio francese condotto dall’Institut de Veille Sanitarie ha rilevato, rispetto ai residenti in zone interessate da inceneritori di rifiuti, un aumento di tumori in tutte le sedi per le donne e, per entrambi i sessi, dei linfomi maligni, dei tumori del fegato e dei sarcomi dei tessuti molli;
nel 2008 il 4° Rapporto della società Britannica di Medicina Ecologica ha rilevato con molte e documentate considerazioni come nei residenti presso gli inceneritori si riscontrino tassi più elevati della media di difetti alla nascita e di tumori negli adulti e nei bambini. Inoltre il Rapporto ha chiarito che gli inceneritori di ultima generazione, con le loro alte temperature nei forni, contribuiscono grandemente alla immissione nell’ambiente di polveri finissime (in particolare di PM2,5 e PM1 e ultrafini) che costituiscono un rischio sanitario ben più grave delle ormai ben conosciute polveri PM10; infatti, queste nanopolveri, sfuggendo ai filtri dell’inceneritore, non vengono nemmeno rilevate dagli attuali sistemi di monitoraggio e, per di più, non sono neppure contemplate dai limiti di legge cui gli impianti devono sottostare;
se lo sforzo scientifico di validazione dei dati epidemiologici non può in qualche caso stabilire con assoluta certezza nessi di causalità diretti tra l’uso dell’inceneritore e gli effetti sulla salute dell’uomo è assolutamente vero nello stesso tempo che in questo campo vigono i principi di prevenzione e di precauzione (cfr. per esempio l'articolo 178, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.: La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti
coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”);
accertamenti di responsabilità penali possono discendere dalla mancata valutazione non solo della veridicità ma anche della credibilità delle ricerche scientifiche che inducono a ritenere lesivo un dato agente inquinante; la fondatezza dei dubbi che imporrebbero prevenzione, precauzione e quindi sospensione delle decisioni incerte deve essere ricercata nella letteratura scientifica e nei rilievi che i singoli studi hanno sviluppato; se uno studio epidemiologico ha rilevato la connessione tra un agente inquinante ed una patologia, l'eventuale difficoltà della ricerca scientifica di determinare le cause biologiche certe della patologia non può costituire un motivo per disconoscere quell'evidenza epidemiologica, fino a prova contraria; a questo proposito anche la giurisprudenza italiana, allo scopo di offrire tutela penale alla lesione dei beni ambientali -e quindi indirettamente alla salute umana - ha utilizzato spesso l'articolo 674 del Codice Penale (getto di cose pericolose) che configura un reato di mero pericolo e non richiede alcun danno effettivo attuale alle persone. La Cassazione penale ha già stabilito che il reato poteva configurarsi in una fattispecie in cui le emissioni inquinanti provenivano proprio da un inceneritore per l’eliminazione dei rifiuti solidi urbani (Cass., sez. I, pen., 4/VI/1996, Fragni e sez. III pen. 19/IV/1995, Catarci), mentre per l'esistenza del reato rileva non solo il superamento della soglia delle emissioni fissata dalla normativa di settore ma anche l’attività esercitata nel rispetto dei limiti tabellari poiché la dannosità dell'emissione non è esclusa per il solo fatto che essa sia inferiore ai limiti massimi di tolleranza specificamente fissati dalla legge;


-B. CONSIDERATO CHE -PER QUANTO ATTIENE AL PROCESSO DI FORMAZIONE DELLE DECISIONI IN ESAME E SEMPRE IN RIFERIMENTO ALLE APPARENTI CARENZE DI VALUTAZIONE DEI RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA –
la Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per esempio ha stabilito testualmente che "L’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l’uso di risorse e promuovere l’applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti…";
l’articolo 4 della suddetta Direttiva definisce in modo chiaro le priorità delle politiche in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti stabilendo il seguente ordine: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento;
anche il decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (cfr. tra l'altro Parte Quarta, articoli 178, 179, 181, 182 e 199) richiama le priorità gestionali e di smaltimento dei rifiuti ed afferma "... misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riutilizzo, riciclo o ogni altra azione diretta ad ottenere da essi materia prima secondaria sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia", dichiarando poi che lo smaltimento finale è ammesso solo in caso di impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero;
queste disposizioni vincolanti nella finalità e nei mezzi per la gestione dei rifiuti sembrano ignorate dalla Provincia e dal Comune di Verona nel momento in cui queste amministrazioni optano per l'incenerimento di una molto significativa quota residua di rifiuti senza aver prima completamente esplorato le possibilità di risultati più convenienti derivanti dalla raccolta differenziata spinta porta a porta, dal recupero, dal riciclaggio, e dal trattamento con tecnologie non termiche del poco residuo restante;
le decisioni dei soggetti in indirizzo, ciascuno per la propria parte di competenza e responsabilità, sembrano infatti aver dato senza motivazione convincente la priorità assoluta alla modalità di gestione dei rifiuti tramite incenerimento a scapito di tutte le altre forme di gestione possibili senza quindi prioritariamente e preventivamente valutare l'efficacia delle modalità più avanzate di riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero di materie prime secondarie;
in particolare le decisioni dei soggetti in indirizzo sembrano aver trascurato quanto e come -rispetto alle quote residue a valle della raccolta differenziata spinta porta a porta e del riciclaggio -le tecnologie di avanguardia siano in grado di recuperare ulteriormente materiali senza utilizzare alcuna tecnica di incenerimento;
a questo proposito proprio in relazione alle volontà politiche (da cui discendono le soluzioni tecniche) espresse nella scelta di incenerire i rifiuti, la relazione della Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Programma delle attività di controllo sulla gestione per l’anno 2005 (deliberazione n. 1/2005/G dell’aprile del 2007) ha così dichiarato: "… il ricorso agli inceneritori rischia di ingessare il contesto attuale della produzione dei rifiuti, impedendo il cambiamento sia del modo di consumare le merci da parte dei cittadini che di quello di produrle, cambiamento pure così voluto e auspicato dal legislatore. Gli inceneritori possono, infatti, in antitesi allo sforzo di riduzione all’origine delle quantità dei rifiuti e di riciclaggio, far crescere, al contrario, la percentuale di incenerimento a scapito della raccolta differenziata, con il pericolo di vederla ridotta addirittura al disotto degli obiettivi minimi di legge. È del tutto evidente, infatti, che una capacità di inceneritori eccessiva può divenire una barriera nei confronti degli sforzi di riduzione e riciclaggio, stimolando anzi, addirittura, e paradossalmente, la maggior produzione di rifiuti. È per questi fattori -ambientali ed economici-che la legislazione incoraggia il più possibile il riutilizzo dei materiali…";
La strategia seguita dall’Unione Europea, recepita anche in Italia, … si basa su una gerarchia che pone in sequenzialità discendente le seguenti fasi: riduzione…, riutilizzo…, riciclaggio… ed infine recupero di energia per la frazione che rimane. Solo ciò che rimane residuo rispetto alle quattro fasi sopraelencate deve essere destinato allo smaltimento in discarica controllata. Il problema rifiuti va quindi affrontato, innanzitutto, in termini di riduzione dei rifiuti, puntando poi sul recupero e riciclaggio degli stessi. È pertanto necessario imporre l’adozione di misure preventive generali di riduzione dei rifiuti prodotti (con un ruolo esemplare delle pubbliche amministrazioni), unitamente all’impiego di metodiche di raccolta che disincentivano la produzione del singolo utente ed applicazione di una tariffa rapportata all’effettivo conferimento. Va quindi intensificato l'impegno per qualificare ulteriormente le politiche cittadine di prevenzione, di raccolta differenziata, di riuso e riciclaggio, considerandone anche l’alta valenza culturale nell’ottica che il loro progressivo potenziamento e perfezionamento consentano di valutare anche il superamento della termovalorizzazione con il ricorso ad una diversa modalità di conclusione del ciclo dei rifiuti";


-C. CONSIDERATO CHE -QUANTO ALLA ACCORTA GESTIONE DELLE RISORSE PUBBLICHE DI BILANCIO ED ALLA NECESSITÀ CHE ESSE SIANO ALLOCATE IN MODO DA CONSENTIRE IL MIGLIOR RISUTATO AL MINOR COSTO –
le decisioni messe in campo da Provincia e Comune di Verona sembrano andare nella direzione di uno spreco molto rilevante di denaro pubblico, poiché -mentre sarebbe possibile trattare la quasi totalità del residuo secco a valle della raccolta differenziata (composto in gran parte di rifiuto di matrice plastica) con tecnologia di estrusione o tecnologie equivalenti che non prevedano la combustione – si ricorre a soluzioni economicamente non redditizie (l'incenerimento risulta dieci volte più costoso) e capaci di produrre scarsa occupazione (l'incenerimento crea 1/10 dei posti di lavoro possibili con le tecnologie a freddo). Gli inceneritori bruciano principalmente la carta, la plastica, il legno ed altri materiali con significativo potere calorico, cioè prevalentemente i materiali che potrebbero essere recuperati; poiché gli inceneritori hanno bisogno di bruciare a ritmo costante, costruirli e metterli in funzione significa vanificare i possibili incrementi nella raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio di questi materiali;
di conseguenza le scelte di incenerimento producono una contraddizione enorme rispetto alle decisioni e alle risorse destinate a garantire le raccolte differenziate (specialmente se altamente qualitative) e fanno nascere il dubbio che si sia di fronte ad un grave spreco di risorse pubbliche (in termini di costi di realizzazione di soluzioni errate e di mancati vantaggi da una gestione accorta dell'intero ciclo dei rifiuti) di cui i decisori possono essere chiamati a rendere conto in sede di giurisdizione contabile;
-D. CONSIDERATO QUANTO EMERSO NELL’ULTIMO ESPOSTO PRESENTATO DAL CODACONS ALLA PROCURA PRESSO IL TRIBUNALE DI VERONA, in relazione ai dati del CNR sullo smog , si evince che Verona è una delle 13 città di maggiori dimensioni avente una delle più alte concentrazioni di PM10. Questa concentrazione causa la morte in media di circa 8220 persone l’anno a fronte di una popolazione globale delle 13 città pari a 9 milioni di individui.
-E. Considerato che in data 09-02-2009 la commissione Europea Direzione generale Ambiente in seguito al reclamo 2006/4201 -PM10 Verona relativo al superamento dei valori limite per le particelle di PM10 registrato nella città di Verona si è così espressa: “la Commissione ha deciso di avviare d'ufficio una procedura di infrazione nei confronti di tutti gli Stati membri in cui si sono prodotti superamenti dei valori limite, e dunque anche nei confronti dell'Italia”. Di conseguenza, il reclamo n. 2006/4201 verrà d'ora in avanti esaminato nell'ambito della detta procedura d'infrazione aperta d'ufficio. Ai sensi dell'articolo 22 della nuova Direttiva sulla Qualità dell’Aria (Direttiva 2008/50/CE), tuttavia, gli Stati membri hanno facoltà di notificare alla Commissione un'istanza di deroga all'obbligo di applicare i valori limite per le particelle di PM10 fino all' ll giugno 2011, in determinate circostanze e a condizione che essi trasmettano alla Commissione piani e programmi adeguati per garantire il rientro entro i predetti valori limite al più tardi alla data suindicata. La Commissione ha nove mesi di tempo per condurre a termine una valutazione sul se risultino soddisfatti i requisiti che giustificano una deroga richiesta dall’Italia ai sensi dell'articolo 22 della Direttiva 2008/5O/CE.
TUTTO CIO' PREMESSO E CONSIDERATO le autorità competenti per l'approvazione dell'impianto di incenerimento in esame e del relativo bando di gara sembrano aver ignorato gli indispensabili elementi di valutazione che andavano messi a base della propria decisione, elementi che erano facilmente acquisibili con un approccio metodologico che avesse tenuto conto di tutte le acquisizioni scientifiche più avanzate in materia di danni alla salute pubblica da incenerimento di rifiuti;
le autorità competenti per l'approvazione dell'impianto di incenerimento in esame sembrano non aver considerato tutti i possibili potenziali danni alla salute pubblica che dovevano essere valutati secondo le conoscenze disponibili ovvero normalmente accessibili al momento delle decisioni contestate e sembrano non aver tenuto nel dovuto conto il principio di precauzione enunciato, tra l'altro, nella Dichiarazione di Rio del 1992 e ratificato dalla Comunicazione COM (2000) 1 del 2 febbraio 2000 oltre che dalle vincolanti norme dell'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE e degli articoli 178, comma 3, e 301 ("Attuazione del principio di precauzione") del Decreto legislativo 3.4.2006, n. 152, Norme in materia ambientale e s.m.i.);
SI RITIENE
che la messa in opera di un inceneritore sia l’esatto contrario dell’obbligo di ridurre le emissioni inquinanti.
che allo stato attuale la pubblicazione del bando di gara per la realizzazione dell'impianto pare costituire l'effetto di un procedimento decisionale gravemente carente e la premessa per danni futuri rilevanti alla salute pubblica e all'ambiente interessato;
che la scelta della soluzione di incenerire i rifiuti nella Provincia di Verona pare costituire la premessa per uno spreco di risorse pubbliche in termini di maggiori costi rispetto ad altre opzioni possibili ed in termini di mancati vantaggi derivanti dal recupero dei materiali avviati all'incenerimento;



PERTANTO
con il presente atto formalmente si diffidano i soggetti in indirizzo, dall’intraprendere in concreto azioni e attività che possano portare alla attivazione del citato impianto nei termini sopra specificati. È pacifico infatti che l’iter finora compiuto è carente sotto vari profili, essendo mancate le puntuali verifiche su tutti i possibili potenziali gravi danni alla salute pubblica che dovevano e devono essere valutati secondo il principio di precauzione e secondo le conoscenze scientifiche disponibili in materia di effetti sulla salute umana provocati dagli agenti inquinanti sicuramente presenti nelle emissioni di un impianto di incenerimento di rifiuti, considerate anche le modalità con cui le emissioni dell'inceneritore in questione si propagano e si depositano e sedimentano e si accumulano nell'ambiente e negli organismi investiti. Consegue la necessità di una presa d’atto circa il fatto che la decisione di attivare l'inceneritore di Verona, la pubblicazione del relativo bando di gara, l’ eventuale pronuncia positiva di compatibilità ambientale e l'eventuale approvazione del progetto sono stati o -nella situazione attuale -sarebbero assunti sulla base di una erronea rappresentazione della reale portata e dei reali effetti delle emissioni dell'impianto, e ciò non a causa di imprecisioni tecniche o di disattenzione da parte degli organi competenti, bensì per effetto di un processo conoscitivo e decisionale che avrebbe dovuto esperire e invece non sembra aver esperito o non sembra intenzionato ad esperire gli accertamenti necessari (del tutto possibili a priori rispetto l’iter fino ad ora compiuto);
si intimano quindi le amministrazioni in indirizzo, ciascuna per quanto di diretta competenza:
-alla immediata sospensione in via di autotutela di ogni decisione preordinata alla realizzazione del citato impianto ed alla assegnazione del bando di gara. Tutto ciò a tutela della pubblica amministrazione e per motivi di conservazione della salute pubblica, con necessità di riformulare il bando prevedendo una soluzione per la chiusura del ciclo dei rifiuti veronesi non vincolata esclusivamente all'impiego di processi di recupero energetico mediante trattamenti termici e che comunque richieda ai concorrenti di elaborare progetti e studi di VIA imperniati su metodi, tecniche, modelli alternativi all’incenerimento e dati scientifici aggiornati adeguati al caso;
-a prendere ogni altra iniziativa urgente per non permettere che si verifichi in futuro un danno praticamente certo alla salute pubblica della popolazione di Verona e di tutte le zone investite dalla propagazione delle emissioni dell'inceneritore anche al fine di evitare lo spreco di risorse e di denaro pubblico per il quale viene interessata la Corte dei Conti;
-a prendere ogni altra iniziativa urgente per non permettere quindi che si debba intervenire a posteriori, tardivamente, quando il danno sarà già consumato;
-a prendere atto che in mancanza di provvedimenti urgenti e certi lo scrivente Coordinamento non mancherà di valutare se avviare direttamente e promuovere presso terzi ogni azione legale utile, ivi compresi tra gli altri un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale, azione collettiva nella forma della class action e comunque richiesta personale di risarcimento integrale dei danni materiali, biologici, psichici e morali al primo verificarsi di conseguenze dannose per la salute della popolazione residente e per l'ambiente.
SI CHIEDE RISCONTRO scritto presso la sede legale dell’Associazione Verona Reattiva-VERONA entro e non oltre il 11 gennaio p.v. con indicazione di eventuali interventi o soluzioni alternative, con l’intesa che in difetto di comunicazioni o di adeguate risposte saranno, senza ulteriore preavviso, intentate le vie giudiziali più opportune nei termini richiesti dai profili di interesse più sopra indicati e con riserva di ogni ulteriore azione e per ogni ulteriore aspetto anche qualora qui non espressamente richiamato.
Verona, 23 dicembre 2009
I portavoce:
-PER L’ASSOCIAZIONE -PER L’ASSOCIAZIONE -PER L’ASSOCIAZIONE VERONA REATTIVA COLLAMENTE FORUM DEI VENETI
-PER IL COMITATO -PER IL COMITATO -PER IL COMITATO FUORI DAL COMUNE INSIEME PER BORGO ROMA-BEGHELLI PER CA’DIDAVID
-PER ASSOCIAZIONE -PER IL COMITATO CITTADINI PER LA TUTELA BUTTAPIETRA DEL TERRITORIO

4 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie x quanto state facendo! abito in zona, sono giovane.. penso alla mia vita e al mio futuro.. e a quello dei miei figli... vorrei che la politica, una volta tanto, pensasse davvero al bene comune.. mettesse davvero al primo posto la salute.. e si rendesse conto.. che per essere ricordati veramente.. anche nei libri di storia, si deve far in modo di lasciare un mondo sempre migliore alle generazioni future.. I nostri politici dovrebbero iniziare a mettersi una mano sulla coscienza, piuttosto che sul portafoglio... (tutti i nostri politici! ) e dovrebbero iniziare ad aprire le loro menti ai nostri giovani ricercatori, a tutte quelle persone che spendono il loro tempo nella Ricerca, nel trovare soluzioni a costi minori a bassissimo impatto ambientale. Le soluzioni ci sono... non chiudiamo ostinatamente gli occhi... in quest'italia c'è troppo ORGOGLIO... e troppo Interesse. Proviamo ad amare un pochino di più gli altri, piuttosto che noi stessi.. e rendiamoci conto che anche e soprattutto questo.. rende davvero felici. Grazie.

Unknown ha detto...

Premettendo che per correttezza dovreste togliere le sigle dei comitati e delle associazioni che hanno firmato questa diffida in gran parte da me prodotta, non che la dicitura coordinamento per il riciclo dei rifiuti contro l'inceneritore di verona....ritengo comunque giusto che pubblichiate questo documento pubblico precisando però quanto segue: chi ha prodotto e sotoscritto questo documento non è da considerarsi in alcun modo collegato al PD!

SIMONAIO MIRKO
per chiarimenti cel:3201775662

Anonimo ha detto...

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scusa mio cattivo italiano
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