E anche la quarta è andata. Alle sette e mezzo di questa
sera abbiamo smontato le ultime tende. Quest’anno è stata forse la meno
faticosa festa sotto il punto di vista organizzativo. Quando una squadra è
collaudata tutto fila più liscio.
Che dire? Tanto lavoro, tantissime ore di sonno arretrato,
ma ne è valsa la pena. La più grande soddisfazione è che questa è stata la
prima festa realizzata interamente al 100% dal terzo circolo. E qui il mio
plauso va ai fantastici cuochi che hanno reso la cucina un punto di forza della
nostra festa. Un ringraziamento a Luigi, Riccardo, Luisa, Rosa, Claudia,
Giorgio, Marcello, Giacomo, Umberto, Paola e Marzia. Vedere le persone del
quartiere tornare alla festa per ordinare sempre nuovi piatti accompagnati da
elogi dal punto di vista qualitativo è stata una gratificazione non
indifferente.
Il clima tra i volontari del circolo era speciale. C’era una
comune consapevolezza che noi eravamo gli ambasciatori del Partito Democratico
che sorride, del Partito Democratico solare, allegro; caratteristiche in antagonismo
a quelle rappresentate dai nostri stereotipi.
Erano infatti i volontari alla cassa, allo sparecchiamento,
al bar e al servizio ai tavoli che hanno trasmesso questo nuovo clima. Un
enorme grazie quindi a Giacomo, Paola, Renzo, Pierluigi, Miriam, Marco,
Claudia, Patrizia, Claudia, Francesco, Alessandro, Giacomo, Alessia, Paolo,
Giovanni, Matteo, Carlo, Sergio, Antonio e Stefano.
Una festa, però, si organizza per tempo. Ringrazio quindi
per la costruzione di un programma di ottima qualità Roberto, Vincenzo, Antonino,
Lorenzo, Rosa e Matteo.
Per il montaggio e lo smontaggio è stato fatto tutto
interamente dai giovani del nostro circolo con il prezioso aiuto di Tiberio e
Pasquale.
E anche la quarta è andata.
La mia ultima festa da segretario di circolo. Voltando le
spalle vedo moltissimo lavoro e tanta soddisfazione. Forse anche quest’anno è
stata fatta una piccola magia. Forse anche quest’ anno, abbiamo lasciato un’impronta
tangibile che la base del nostro partito non è solo tale, ma è l’intero
scheletro di una struttura che dobbiamo riempire di emozioni
Federico Benini
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