
SOPRALLUOGO. Cumuli di rifiuti, vecchi mobili e televisori rotti nel tratto che va da San Massimo al Palasport: dovrebbe essere area pubblica e tutelata dal 1975. Il circolo Pd «Enzo Biagi» vuole aprire sul blog un concorso di idee per rilanciare la zona: «Oltre alla bonifica, servono nuovi lotti»
Degrado al parco della Spianà
Verona. La Spianà come una discarica. Vecchi televisori rotti, bidoni vuoti di vernice, mattonelle, piastrelle, mobili, elettrodomestici, copertoni di auto e persino un'auto abbandonata sono solo alcuni dei rifiuti gettati da ignoti, in barba a ogni regola del vivere civile, all'interno di quello che è già stato battezzato dai residenti il «parco che non c'è».
Infatti il Parco della Spianà, presente nel Piano regolatore dal 1975, è attualmente un insieme di aree incolte alcune proprietà comunali e altre dei privati. Un'area vastissima, che va dall'inizio dell'abitato di San Massimo fino a pochi metri dal palasport, dove sorgono anche un campo da golf e un diamante di baseball.
Ieri, per richiamare l'attenzione sul degrado cui è abbandonato uno dei potenziali polmoni verdi della parte ovest della città, il circolo del Partito democratico «Enzo Biagi» in terza circoscrizione ha organizzato una «gita» insieme ai propri iscritti, simpatizzanti e residenti. Contemporaneamente il Pd ha dato il via anche a una petizione, che ha già raccolto in poche ore più di un centinaio di firme, con cui si chiede al sindaco Flavio Tosi di provvedere alla sistemazione delle aree della Spianà di proprietà comunale e di acquisire altri piccoli lotti per creare un'unica area fruibile dove fare, ad esempio, una fattoria didattica e orti per anziani.
Ma le idee su cosa fare in questo grande campo sono moltissime, tanto che il circolo ha intenzione di aprire sul proprio blog (http///circolobiagi.blogspot.com/) un concorso d'idee, una sorta di «libro dei sogni» che contenga ciò che la cittadinanza vorrebbe si realizzasse. L'idea è del consigliere comunale Carla Padovani: «Basterebbero poche migliaia di euro per bonificare l'area e comprare i lotti che separano le proprietà comunali in modo da iniziare a trasformare l'intera zona in verde fruibile dalla cittadinanza». E aggiunge: «Inoltre si potrebbe pensare alla formula del Piano degli interventi, chiedendo cioè ai privati che hanno fatto domanda di costruire in zona San Massimo, di comprare per il Comune questi lotti e di creare anche un semplice parco in stile San Giacomo». Dello stesso parere anche i consiglieri comunali Roberto Uboldi e Fabio Segattini presenti alla «scampagnata» insieme ai consiglieri di circoscrizione del Pd. Roberto Fasoli, consigliere regionale, guardando sconsolato i cumuli di rifiuti, aggiunge: «Questo è il classico esempio di incuria sciocca, basterebbe un giorno di lavoro di Amia per ripulire tutto. La vera questione però è dare poi una destinazione a quest'area: è follia e spreco lasciarla andare al degrado».
«Il problema non è solo dei rifiuti», aggiunge Federico Benini coordinatore del circolo Enzo Biagi, «i residenti ci riferiscono anche di strane frequentazioni». E indicando un'Alfa 164 accidentata e abbandonata in mezzo al campo, dice: «Ci riferiscono che questo veicolo viene utilizzato come una sorta di bordello». Tra sterpaglie e rovi, una serie di stradine separano i vari appezzamenti di proprietà comunale, viette sterrate e non illuminate che di notte diventano zona franca per qualunque tipo di attività illecita: dallo sfruttamento della prostituzione allo spaccio di droga e all'abbandono di rifiuti. Lorenzo Dalai, consigliere provinciale con esperienza nel consiglio di amministrazione di Amia, spiega: «Molto spesso si scopre che a lasciare questo materiale sono piccoli artigiani che operano in nero o che tendono a risparmiare così sullo smaltimento. L'unico modo per contrastare questi gesti sono le telecamere». Ma prima della videosorveglianza c'è da dare vita al parco che da 36 anni esiste solo sulla carta.
Giorgia Cozzolino
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